Il Fante di cuori spezzati

Un libro della serie Storie d’amore a Laguna

Jim Carney ha un lavoro a tempo pieno: fuggire da se stesso. Nato in una famiglia benestante, è scappato di casa a sedici anni dopo aver rovinato la vita del suo migliore amico per colpa di un fumetto yaoi. Da allora conduce una vita molto “virile”: lavora come operaio, si ubriaca e scansa ogni responsabilità. Ma quando il suo migliore amico, Billy Ballew, gli offre l’occasione di un avanzamento di carriera, Jim decide che per una volta nella vita vuole rendere qualcuno orgoglioso di lui. Purtroppo il nuovo lavoro comporta una visita medica preventiva, ed ecco che il suo sogno yaoi prende vita nelle sembianze del cardiologo Ken Tanaka. Jim scopre di avere ben due problemi di cuore: una valvola mitrale difettosa e una seria attrazione verso il suo dottore. Ma Ken Tanaka non è tipo da relazione stabile, e Jim potrebbe essere solo una delle sue tante conquiste. Ken trova Jim indimenticabile, ma quell’uomo è anche l’incubo della sua tradizionalissima famiglia giapponese. E com’è possibile che non appena Jim decide di diventare una persona responsabile si ritrova in mezzo a mille guai? Il suo fratellino ha bisogno di lui, una ricca donna d’affari gli fa una proposta che non può rifiutare, dovrà scendere a patti con il diavolo, e per di più si ritrova ricoverato all’ospedale… ma tutto ciò che Jim desidera è il Fante di cuori spezzati.

Formati disponibili: eBook

Informazioni sul libro

Data di pubblicazione 24 ottobre 2017
Edito da Dreamspinner Press
Conteggio parole 71.215
225

Formati disponibili
eBook (ISBN 978-1-64080-223-0)

Copertina di Reese Dante
Traduzione di Valentina Andreose
Edizione originale
Knave of Broken Hearts by Tara Lain

Per l’acquisto

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Estratto

 

IL CUORE gli balzò in gola al clangore della sveglia sul comodino. Jim sbatté il palmo della mano con forza sulla tastiera del computer e fece scivolare via il calzino dall’erezione. Lanciò un’occhiata veloce al letto alle proprie spalle e vide Peggy che si tirava le coperte fin sopra le orecchie. Meno male che era rivolta verso il muro. Merda, era così vicino all’orgasmo. Tornò con sguardo bramoso allo schermo del computer, dove lo attendeva un disegno di grandi occhi da cerbiatto e labbra piene avvolte attorno a un membro eretto.

“Jimmy, chi cavolo ha puntato la sveglia?”

“Scusa.” Chiuse il video e il laptop e si lanciò verso la sveglia assillante. Oh oh, grosso errore. Ricadde di peso sulla sedia tenendosi la testa tra le mani per fermare il capogiro. Almeno ora l’erezione era sistemata.

“Ma sei fuori di testa?” La voce di Peggy era attutita dalle coperte.

“Devo andare al lavoro.” Con uno schiaffo a mano aperta sul pulsante ritarda riuscì finalmente a placare il suono. Tirò un sospiro di sollievo.

“Scordatelo.” Ora la voce era chiara. “Ti avevo promesso un pompino, e non mi rimangio la parola.”

“Non si può, piccola.” Sarebbero le labbra sbagliate.

“Ma Jimmy! Ieri notte non sono riuscita nemmeno a smuovere il tuo coso.”

Lui si chinò su di lei e le diede una carezza sulla spalla, poi si rimise a sedere lentamente. “Avevo bevuto del whisky, no?”

“Sì.”

“Il mio cazzo fa a botte con il whisky.”

“Cavolo se fa a botte. Era più moscio di un gelato sciolto al sole.”

Rigira pure il dito nella piaga. “Non è colpa tua, è mia.” Mai parole furono più vere.

La sveglia ripartì per il secondo round e Jimmy si alzò barcollando verso l’insistente aggeggio. Sbatté nuovamente il palmo sul bottone. “Forza, alzati. Dobbiamo entrambi andare al lavoro.”

Lei rotolò a pancia in giù. “Col cavolo. Posso cancellare i miei appuntamenti. Alle mie clienti non serve urgentemente un nuovo taglio di capelli.”

“Okay, restatene pure lì, ma io devo andare.”

“Che cosa facevi al computer?”

“Dovevo controllare una cosa per lavoro.” Barcollò a chiappe scoperte fino al bagno.

Infine Peggy si alzò a sedere. “Di solito non te ne frega un cazzo del lavoro.”

“Sì, lo so, ma oggi è l’ultimo giorno di Billy da supervisore edile prima del matrimonio di domani. Dopo di che si metterà in proprio con una sua ditta di costruzioni. E voglio che mi assuma a lavorare per lui.”

“Sai già che lo farà.”

Jimmy entrò in bagno e chiuse la porta dietro di sé. No, non lo so per niente. Billy aveva accennato al fatto che alla Ballew Construction serviva un addetto che si occupasse di ottimizzare gli interni degli edifici, ma non aveva ancora assunto Jimmy. E non si poteva biasimarlo. A Billy servivano i migliori del settore e tutti sapevano che, per quanto Jimmy sapesse cavarsela con i circuiti elettrici, non era la persona più affidabile sul lungo termine. Di solito se ne sbatteva della propria reputazione, ma ci teneva al rispetto di Billy.

Nel giro di quindici minuti si era ripulito quel che bastava per andarsi a sporcare in cantiere. Andò nel cucinino e lasciò il bagno a Peggy, che ne uscì poco dopo tutta carina… ma ancora mezza sbronza. Le passò una tazza di caffè mezzo riscaldato dal giorno prima. Lei lo prese e guardò dentro la tazza. “Come mai vedo tre anelli di sporco qui dentro?”

“Tre giorni, tre anelli.”

Gliela restituì all’istante. “Cazzo, Jimmy, qua rischio di prendermi l’ebola.”

Lui posò la tazza nel lavandino e indirizzò la donna verso la porta, ma lei si fermò e lo guardò negli occhi. “Chi è Hero?”

“Cosa?” Ma che cazzo?

“Ieri notte, mentre te lo succhiavo, mi hai chiamata Hero.”

Cercò di cancellarsi lo shock dal volto. “Non saprei. Ti sbagli. Forse ho detto biro. Sì, mi serviva una penna. Te l’ho detto che oggi al lavoro devo fare una buona impressione!”

“Se lo dici tu! Pensavo che fosse il nome della ragazza da cui volevi fartelo succhiare al posto mio. Forse lei sarebbe riuscita a farti eccitare.” Peggy incrociò le braccia sul petto.

“Non conosco nessuna ragazza di nome Hero.”

“Davvero?”

“Certo.” Almeno quello era vero.

“Devi fare attenzione a quello che dici, tesoro.”

“Già.”

“Finirai per farmi venire i complessi.” Gli diede un bacio sulla guancia. “Vuoi che ci riprovi stanotte?”

“No. Ho un sacco di cose da preparare per il matrimonio, ma domani passo a prenderti alle quattro, ok?”

Peggy fece un paio di passi di ballo. “Tu e io che ci divertiamo a un matrimonio di finocchi. Cavolo, sarà un’esperienza unica.”

Lui si scurì in volto. “Non è un matrimonio di finocchi. Billy è mio amico.”

“Non ho mai detto che non lo fosse. Anch’io ho un sacco di amici finocchi.” Si sporse per dargli un bacio veloce. “A domani.”

 

 

DOPO OTTO ore avevano finalmente finito il progetto su cui stavano lavorando. Ora Jimmy era seduto al bar con il suo ultimo stipendio in tasca e osservava Billy che usciva dalla porta con passo leggero e spensierato. Per Billy era l’ultimo giorno da sottoposto. Ed era anche il suo ultimo giorno da scapolo. Cavolo, chissà cosa si prova? Avere tutta una nuova vita davanti?

Tornò a rivolgersi a Raoul e Charlie, che stava sorseggiando una birra. “Allora, quand’è che comincia quel lavoro di ottimizzazione per Billy?”

Raoul sorrise. “Già da lunedì, amico. Sarà fantastico lavorare direttamente per lui. Almeno sappiamo che come capo non ce lo metterà nel didietro.” Scoppiò a ridere. “Anche se, pensandoci, lui è un esperto nel metterlo nel didietro. Ma sarà bello lavorare per lui.” Fissò Jim. “Tu ti occuperai dei collegamenti elettrici o della carpenteria?”

Cristo, non fare quella faccia triste. “Temo che non ci sarò proprio. Billy non mi ha detto nulla.”

Charlie gli mise una mano sul braccio. “Sai che lo farà. Billy non ti escluderebbe mai.”

Perché tutti dicevano così? “Non saprei. Se il lavoro inizia lunedì…”

“Non preoccuparti.” Charlie sollevò il bicchiere di birra. “A Billy.”

Jim issò il suo Jack Daniels. “A Billy. È così felice che ci fa sperare in un lieto fine anche per noi.” Rise.

Charlie lo osservò perplesso. “Non sei felice, Jim?”

Raoul gli fece una pernacchia. “Jim Carney, il segugio delle gonnelle. Di cosa puoi lamentarti?”

Jim agitò una mano con nonchalance. “Naa, amico. Niente. Solo che sono contento che Billy sia al settimo cielo.”

Raoul prese un sorso di birra. “Già, perché sta per sposarsi con un uomo, amico. Voglio bene a Billy, e anche a Shaz, ma cavolo, sono ancora scioccato. Quel giorno, quando ha detto ‘Sono gay’ sono quasi caduto dalla scala.”

Charlie annuì. “Cazzo se è strano pensare che dopo tre anni non conoscevamo per niente il nostro amico.” Con le dita stava staccando l’etichetta dalla bottiglia. “Non ti mette a disagio?”

Jim annuì. “Un pochino.”

“Anche a me. Cristo, è una cosa, beh, importante, sai? E insomma, Billy è un uomo vero. Come posso dire… un uomo tutto d’un pezzo.”

“È un tipo cazzuto.” Cercò di sorridere. “Lui dice che non sapeva di essere gay finché non ha incontrato Shaz.”

“Dico solo che serve da esempio.”

“In che senso?”

“Solo che non tutti i gay sono effeminati. Insomma, chiunque potrebbe essere gay.”

Raoul scosse la testa, sconvolto. “Cavolo, non è possibile.”

“Sì, invece. Billy ti ha fregato. Tu non lo avresti mai indovinato.”

“Sì, ma il più delle volte si capisce. Il più delle volte.”

Respira. Jim tracannò il resto del whisky.

“Jim.” Charlie si rivolse a lui.

“Sì.”

“Ti chiedi mai che altro non sappiamo l’uno dell’altro?”

Jim alzò un dito in direzione del cameriere. Portamene un altro.

Due bevute di troppo dopo, stava guidando lentamente per la strada. Già, non avrebbe dovuto essere al volante, ma era solo a un isolato da casa. Il cellulare squillò e lui palpò distrattamente il sedile passeggero fino a trovare il tasto di risposta. “Sì?”

“Ehi, Jim, sono Billy. Scusa se ti disturbo.”

Sorrise. “Vaaa beeene. Shtavamo giushto parlando di te.”

“Ti senti bene?”

Scosse la testa. Concentrati, dannazione. “Sì. Tutto a posto. Sto andando a casa.”

“Mi è successa una cosa fantastica.”

“Intendi a parte sposarti?”

Billy rise. “Sì. Beh, non sono ancora sposato, ma c’entra comunque. Shaz mi ha sorpreso con dei biglietti aerei per Tahiti per la nostra luna di miele.”

Jim scosse di nuovo la testa. “Cavolo, Billy, queshta… ehm, questa è una notizia stupenda. Billy Ballew nel sud del Pacifico.”

“Eh già. Difficile da immaginare. Eppure eccoci qua. Comunque, volevo parlarti di quel lavoro di ottimizzazione su quell’edificio a Irvine?”

Jim annuì, ma poi si rese conto che Billy non poteva vederlo. “Sì, iniziate la settimana prossima, vero?” Voleva urlare E non mi hai assunto.

“Sì, due giorni dopo il matrimonio, ma…”

Il suo cervello sbronzo finalmente mise insieme i puntini. “Ma tu sharai a nuotare con i pesci del sud.”

“Sì, mi piacerebbe, ma solo se sarai tu a fare da supervisore in mia vece e ti prenderai carico del lavoro mentre non ci sono.”

Cosa? “Io?” Il cuore gli saltò in gola, e la macchina sterzò. Sta’ calmo.

“Certo, sei l’unico con esperienza in tutti i campi, e la squadra ti conosce già. Non c’è nessun altro di cui mi fidi.”

“Tu ti fidi di me?”

“Certo che mi fido di te. Questo è il nostro primo lavoro come ditta, e ho bisogno di qualcuno bravo.” Lo disse con risolutezza. Probabilmente si sforzava di credere alle proprie parole. “Se non lo farai tu, dovrò dire a Shaz di rimandare il viaggio fino alla fine dei lavori.”

“Non puoi farlo, amico.”

“Allora dimmi che lo farai.”

Dei puntini rossi gli danzavano davanti agli occhi a ogni battito del cuore. Billy si fida di me.

“Dovrò inserirti nell’assicurazione della ditta, perciò dovrai fare una visita medica.”

Assicurazione? Dottori? “Non saprei, amico.”

“Andiamo, Jim. Sei sano come un cavallo.”

“Non mi piacciono i dottori.”

“Okay, non fa nulla. Ci vediamo al matrimonio.”

“Aspetta. Ma cosa farai allora?”

“Non è un problema rimandare il viaggio. Forse è meglio così in effetti. La proprietaria dell’edificio è un po’ ossessiva. Potrebbe sclerare se sapesse che devo partire.”

No, no. Aspetta. Billy gli aveva appena dato una chance. Una chance per… cosa? Per qualcosa di meglio. “Posso farlo. Insomma, credo di poterci riuscire.”

“Non voglio obbligarti a fare cose che non vuoi, Jim.”

“No. Posso farlo.” Prese una grossa boccata d’aria.

“So che puoi.”

“Cristo, Billy, è la tua ditta. La tua creatura. Me la affidereshti davvero?”

“Certo, Jim.”

La domanda quindi era: si fidava di se stesso?

Quindici minuti dopo, Jim barcollò nel suo appartamento, spinse via varie riviste di auto dallo sgangherato divano verde e ci si accasciò sopra. Billy si fidava di lui. Gli aveva dato un lavoro. Anzi, il lavoro che desiderava da anni. Cristo. Non poteva mandare tutto a puttane.

Billy era sempre stato suo amico. Tre mesi prima era diventato il suo idolo. Bisognava avere le palle d’acciaio per fare coming out in una squadra di operai edili. E Jim non aveva le palle d’acciaio, questo era poco ma sicuro.

Rotolò su un fianco e si mise in posizione fetale per cercare di placare il reflusso acido dal suo stomaco. Billy. Grande e grosso, affascinante, trasandato. Persino Jim sembrava molto più gay di Billy. Ma era Billy che succhiava cazzi. Difficile da credere.

Gli piaceva scopare nel culo?

Oddio, no, non pensarci. Si premette le mani contro le tempie. Billy probabilmente aveva una mazza proporzionata alla sua altezza. Come faceva un uomo a prendersela su per il sedere? Scommetto che a molti uomini piace l’extra large. Si tengono allenati per prenderla tutta.

Smettila, dannazione.

Si alzò a sedere di scatto e gli venne quasi da vomitare. Pensa a qualcos’altro. Afferrò il telecomando e mise su una partita di football. Fissò lo schermo. Quanti di quei giocatori erano gay?

Pigiò sul cambio canale. Guardiamo qualcos’altro.

Proprio come in uno scadente film dell’orrore, il canale si sintonizzò su un programma che doveva aver registrato senza riflettere. C’era una pop-star giapponese che cantava, con un gruppo di fan agghindati per l’occasione che strillavano. Non si ricordava proprio di averlo registrato. Guarda quel viso. Capelli lunghi, così neri e lisci, occhi da cerbiatto, labbra piene. Quello sarebbe proprio il mio genere, se fossi gay.

Abbassò la mano per sistemarsi la mezza erezione. La notte precedente Peggy si era ficcata il suo pisello in gola fino a spedirlo direttamente in Giappone, ma non era riuscito a venire. Cosa c’è di sbagliato in me? Fissò l’uomo bellissimo che cantava sullo schermo, il battito del cuore che gli assordava le orecchie. Rotolò di nuovo sul fianco e si afferrò le palle attraverso i jeans. Non voglio Peggy. Il suo pugno si strinse di propria volontà.

Con un movimento fluido posò i piedi sul pavimento e corse verso la camera da letto. Raggiunse il letto ancora piegato in due e si gettò in ginocchio sulla moquette lisa, allungò una mano sotto al materasso e sfilò una scatola di metallo che aveva nascosto lì non appena si era trasferito. Inserì la combinazione nel lucchetto a scatto, per due volte sbagliò il numero, ma infine riuscì ad aprire il coperchio. Afferrò la rivista in cima e la aprì alla pagina su cui aveva apposto con cura un segnalibro. Sollevandosi sulle ginocchia, si sfilò insieme jeans e mutande e iniziò a masturbarsi prima ancora di mettere a fuoco le illustrazioni. Non ne aveva bisogno. Conosceva a memoria ogni tavola e ogni vignetta. L’omone biondo che succhiava golosamente l’uccello del bellissimo orientale, con un ciuffo ribelle di capelli neri, occhi esotici e sensuali labbra imbronciate. Lo sguardo negli occhi del protagonista diceva a lettere cubitali estasi.

Dalla TV in salotto il rimbombo della musica fungeva da sottofondo mentre Jim voltava pagina per vedere l’uomo perfetto che prendeva un grosso cazzo nel culo. Meglio di qualsiasi sito online di yaoi. Meglio anche del porno.

Pompò con più forza il membro.

Quei disegni gli avevano insegnato tutto quello che sapeva. Tutto quello che desiderava. Quante volte era venuto in una gola calda e umida grazie a quei disegni? Il suo seme cominciò a ribollire nei testicoli mentre fissava il punto in cui l’uccello del biondo svaniva in quel buco perfetto.

Dopo altri due secondi il cuore rischiò di scoppiargli nel petto. Un getto di seme eruppe dal suo uccello e le lacrime gli sgorgarono dagli occhi.

Si accasciò sul pavimento e fissò i gatti di polvere che rotolavano sul pavimento. Piano piano il respiro si regolarizzò, il cuore si placò. Avrebbe dovuto prendere quella dannata scatola, portarla fuori e gettarla nella pattumiera. Ma non aveva mai trovato nulla – e nessuno – che potesse rimpiazzare il posto che occupava nella sua vita. Nessuno. Quando avrebbe incontrato la ragazza giusta allora l’avrebbe gettata via. Era una promessa. Lui era il segugio delle gonnelle: le donne erano le sue prede.

Con lentezza si tirò su a sedere.

Per fortuna che Peggy aveva capito Hero. Non le era neanche passato per la testa che il nome potesse essere Hiro… e che fosse il nome di un ragazzo.

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