Il Cavaliere di Ocean Avenue
Un libro della serie Storie d’amore a Laguna
Come si fa ad avere venticinque anni e non sapere di essere gay? È una domanda che Billy Ballew preferisce evitare. Ha lasciato presto il liceo, a malapena capace di leggere fino a quando non ha imparato come autodidatta. Con il suo lavoro da muratore ha aiutato i genitori e contribuito a far studiare le sorelle al college. Fa l’allenatore per una squadra di baseball della Little League e cerca di non pensare ai tre fidanzamenti falliti. Il terrore che prova quando deve sostenere degli esami gli impedisce di ottenere la licenza da impresario che tanto desidera, e la paura del giudizio di sua madre gli impedisce di vedere ciò che potrebbe davvero renderlo felice.
Fino a quando, durante i preparativi per il grande matrimonio della sorella, non incontra Shaz – Chase Phillips – uno stilista emergente che incarna la parola gay. Agli occhi di Shaz, Billy possiede tutto ciò che ha sempre voluto in un uomo: forza, onestà, coraggio. Ma anche se Billy fosse gay, probabilmente non riuscirebbe a sopportare lo scandalo che scaturirebbe dall’uscire con una diva come lui. Come possono due uomini con così poco in comune trovare un modo per stare assieme? Lo Stilista dell’Anno coronerà la sua storia d’amore con il Cavaliere di Ocean Avenue?
Formati disponibili: eBook
Informazioni sul libro
Data di pubblicazione 17 gennaio 2017
Edito da Dreamspinner Press
Conteggio parole 83.129
258
Formati disponibili
eBook (ISBN 978-1-63533-514-9)
Copertina di Reese Dante
Traduzione diClaudia Nogara
Edizione originale Knight of Ocean Avenue by Tara Lain
Per l’acquisto
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Estratto
ANDIAMO.
Billy lanciò un‘occhiata al suo orologio, poi fece vagare lo sguardo oltre la vetrina del bar. Guardare non avrebbe fatto arrivare Annie più velocemente, ma gli permetteva di non pensare ai motivi per cui lei aveva voluto incontrarlo al bar invece di lasciare che passasse a prenderla a casa.
Fece un respiro profondo e buttò fuori l’aria lentamente. Magari si sbagliava. Forse si era semplicemente trovata più vicina al bar e non aveva avuto voglia di guidare fino a casa. Sì, certo.
Si appoggiò allo schienale e guardò gli altri clienti. Cinque persone lavoravano ai loro portatili mentre bevevano dei costosissimi cappuccini. Tutti loro sembravano appartenere all’eclettica popolazione di Laguna, tranne il tipo al tavolino nell’angolo che indossava jeans polverosi e una maglietta da lavoro, sfogliava una vecchia rivista e sorseggiava caffè nero. Billy sapeva cosa stava bevendo perché l’aveva sentito ordinarlo alla ragazza carina dietro al bancone. Strano che un colletto blu volesse pagare quei prezzi assurdi per un caffè nero. Quello non era un posto per colletti blu. Billy ne era consapevole. Il signor Caffè Nero era come lui, e se Annie non avesse scelto quel posto, nemmeno lui ci sarebbe mai entrato.
Guardò di nuovo l’orologio. Andiamo. Mamma odiava che facesse tardi alle cene di famiglia e quella era per Rhonda e Mitch, quindi l’avrebbe odiato il doppio. Doppio odio da parte di sua madre era roba seria.
Il tipo col caffè sollevò lo sguardo verso la ragazza dietro al bancone. Cavoli. L’espressione di puro desiderio sul suo volto fece sussultare Billy. Ecco il perché del caffè. Il tipo voleva la ragazza. Mi dispiace, Charlie, probabilmente non accadrà. Come sarebbe stato desiderare qualcuno così tanto?
Una soffiata d’aria lo investì all’apertura della porta. Le sere di giugno erano ancora fresche nella California del sud, il che voleva dire che si stava facendo tardi. Alzò lo sguardo e rimase congelato. Chi diavolo…?
Il nuovo arrivato fece voltare tutte le teste verso di lui. Tutti osservarono la criniera di capelli rosso fuoco che volteggiava attorno al suo viso in maniera selvaggia per poi ricadergli sulle spalle. Indossava una maglietta rosa carico, decorata sul davanti da svariate file di perline. Portava pantaloni neri così attillati che avrebbero dovuto essere venduti in un negozio di vernici. Geeee-sù.
La ragazza carina sollevò lo sguardo e gridò: “Tu che vieni a prendere il tuo caffè? Dove andremo a finire di questo passo?”
Il rosso agitò una mano con leggerezza. “Li ho messi tutti al lavoro e sono scappato, tesoro. Preparami un’iniezione di caffeina, ti prego.”
Quella voce – alta e ricca di umorismo – risalì la schiena di Billy come un brivido. Strano. Il tipo era appariscente in un modo quasi ridicolo, ma era anche bellissimo, con tratti del viso che di solito si vedevano su una ragazza, ma più definiti. Non morbidi. Occhi enormi, labbra piene, zigomi alti. Probabilmente aveva aggiunto un po’ di trucco su quei lineamenti, cosa che avrebbe dovuto sembrare bizzarra, ma non su quel ragazzo. Bellissimo.
Billy percepì un movimento e lanciò un’occhiata al colletto blu. Sembrava un toro. Un toro arrabbiato. Sedeva dritto, fissando il rosso e stringendo i pugni. Colletto blu non pensava che il tipo fosse bello. Merda, la sua espressione era di odio puro. Billy si irrigidì. Era qualcosa di personale o solo pregiudizio?
Il rosso stava chiacchierando con delle persone e non sembrò notarlo. Come faceva a non accorgersene? Il bestione stava fumando di rabbia. Immagina di dover passare tutta la vita con persone che ti odiano così. Ma se quel tipo dai capelli rossi fosse passato vicino a uno dei cantieri di Billy, ogni uomo lì presente avrebbe setacciato il proprio vocabolario nel tentativo di trovare nuovi termini per definirlo finocchio. Magari Billy non si sarebbe unito a loro, ma probabilmente non li avrebbe fermati. Uomini come lui odiavano i gay. Le cose stavano così.
La cameriera fece il giro del bancone con un cappuccino fumante. Si diresse al tavolo del rosso, mise giù la tazza, e lo baciò sulla guancia.
Oh-oh.
Colletto blu si alzò in piedi. Non bene. Sembrava che nessun altro se ne fosse accorto. Merda.
L’uomo era grosso, ma non quanto lui. Billy si alzò lentamente e lo fissò. Guardami. Gli occhi dell’omone saettarono verso di lui. Con freddezza, Billy scosse la testa. Non farlo. Per un secondo, il tipo lo fissò con aria assente, poi sembrò riconoscere che si assomigliavano. Qualcun altro con vestiti da lavoro stropicciati. Gli occhi dell’uomo incontrarono i suoi, si concentrarono. Scosse la testa una volta, condusse una specie di battaglia interiore, poi si irrigidì e fece un passo avanti.
Anche lui fece un passo in avanti.
Il tipo diventò rosso fino all’attaccatura dei capelli, emise un suono basso e se ne andò dal locale come se fosse inseguito da una cazzo di parata del Gay Pride.
Billy sentiva tremare le mani. Cosa avrebbe fatto se il bestione avesse attaccato il rosso? L’avrebbe colpito? Fermato? Chi stava cercando di proteggere? Merda!
Si guardò attorno. Erano tutti intenti nelle loro faccende come se non fosse successo niente di importante. Poi gli occhi di Billy incontrarono lo sguardo del rosso. Il tipo fece un leggero cenno del capo e sorrise lievemente. Sapeva. Sapeva cos’era accaduto. Cosa ne pensava?
“Billy?”
Sussultò e si voltò. Annie era al suo fianco. “Dio, mi hai spaventato.” Aveva dimenticato perché si trovava lì.
Lei si accigliò. “Scusa. Ho dato per scontato che mi stessi aspettando.”
“Lo stavo facendo. È solo che…Voglio dire, sì.” Lanciò un’altra occhiata al rosso, che stava fissando Annie con un’espressione neutra. Ballew, presta attenzione. Indicò la sedia accanto alla sua. “Siediti.”
Lei si appollaiò sull’orlo della sedia in pelle. Si sedette anche lui. Cerca di sembrare rilassato.
Billy indicò con un cenno del capo l’altra tazza sul tavolo di fronte a loro. “Ti ho preso del tè con il latte.”
“Grazie.” Lei afferrò il bicchiere e bevve un sorso. Era una ragazza così attraente, e anche gentile.
Billy finì il suo cappuccino. “Vuoi portarlo con te? Mia mamma avrà già preparato la cena, la conosci.”
Annie sospirò, lui si sentì raggelare. “Non vengo a cena.”
“No?” Merda, merda, merda.
“No, Billy.” Lo guardò e i suoi grandi occhi marrone luccicarono. Brutto segno. “Sai che ti sto per dire che non funziona, vero?”
Lui fissò la sua tazza vuota. Appropriato che fosse vuota. “Non l’ho capito finché non hai detto che mi volevi parlare.” Si sforzò di sorridere. “Voler parlare significa brutte notizie per gli uomini.”
“Ci penso da molti giorni. Forse da settimane, a essere onesta. Devo andare avanti, Billy. Per favore, chiedi scusa alla tua famiglia da parte mia.”
Non di nuovo. “Posso chiedere perché secondo te non sta funzionando?”
Annie alzò le spalle e fece ruotare la tazza sul tavolino basso. “Non lo vuoi sapere.”
Poteva lasciar correre, come faceva sempre. Ma diamine, come avrebbe potuto imparare? Scrollò le spalle. Devo sapere. Anche se farà male. “In realtà sì. Puoi dirmelo?” Alzò una mano. “Non c’è bisogno di scuoiarmi vivo o roba simile.”
Lei sorrise e scosse la testa. “Sembri un grosso maschio alfa, ma sei un tenerone.”
“Non è una cosa positiva?” Cercò di sorridere.
“Certo, ma il mio cane è un tenerone e non ci faccio sesso.”
Ahi.
Si stava avvicinando al problema. “Lo sa il cielo, sei bellissimo. Mi mancherà andare in giro e vedere le donne che sbavano dietro al mio ragazzo, e lui che non le degna nemmeno di uno sguardo. Il che è lusinghiero, ma è anche un po’ strano, sai? La maggior parte degli uomini si godrebbe tutta quell’attenzione.”
Billy si corrucciò. “Sei arrabbiata perché sono fedele?”
“No,” sbuffò lei, a metà tra il rassegnato e l’esasperato. “Dimmi, sinceramente, dove ci vedi nel futuro?”
“Hawaii?” Billy sfornò il sorriso che non mancava mai di affascinare le signore.
“Seriamente.”
Si passò una mano sul viso. “Pensavo che ci saremmo potuti frequentare ancora un po’ e forse impegnarci seriamente e, non so, magari finire per sposarci.”
Lei sgranò gli occhi. “Davvero? Ci vedi sposati?”
Era così? “Perché no? Sei forte. Intelligente e bella. La mia famiglia ti vuole bene.”
Lei gli afferrò il braccio. “Sì, la tua famiglia mi vuole bene e io ne voglio a loro. Ma tu mi ami, Billy?”
“Certo. So che non lo dico spesso, ma gli uomini come me non sono molto espansivi, sai?”
“Che intendi con, ‘gli uomini come te’?”
Lui alzò le spalle. “Colletti blu. Hai presente, no?”
“Billy, tu non assomigli a nessun colletto blu che io abbia mai incontrato. È per questo che mi sei piaciuto e ti ho scelto al bar quella notte, ricordi?”
Lui annuì. Era stata una delle rare volte in cui era uscito con la sua squadra. Di solito si sentiva un po’ fuori posto coi ragazzi, ma quella sera Annie era la ragazza più bella del bar, e aveva scelto lui fra tutto il branco. Gli aveva chiesto di ballare. “Già, hai fatto fare un salto alla mia reputazione.”
Lei fece un mezzo sorriso. “Ho scelto te perché non eri uno di ‘quegli uomini’. Eri diverso da quelli che conosco, ma… forse troppo diverso. Non abbiamo una vera sintonia. Usciamo e parliamo, ma non ho mai pensato che moriresti se non potessi vedermi. Facciamo sesso ed è piacevole, ma io non lo voglio piacevole. Io voglio fuochi d’artificio e stelle cadenti. Almeno un po’.”
Cazzo, come poteva essere troppo diverso? “Andiamo, questa è la vita vera.”
“Dannazione, Billy, ho ventiquattro anni. Sono troppo giovane per la vita vera.”
Forse chiedere era stata una cattiva idea. La verità faceva proprio male.
Lei sospirò. “Non penso di essere il tuo tipo.”
“Chi lo è allora?” chiese Billy con un gemito.
Annie lo guardò. “Non lo so. Vorrei saperlo.”
“Quindi è principalmente il…” – deglutì e abbassò la voce – “… il sesso?” Merda, ci volle tutto il suo coraggio per chiederlo.
“No, è tutto un insieme di cose. Come la storia dell’impresario. So che potresti sostenere quell’esame e passarlo a pieni voti se solo ti decidessi a farlo. Ma non lo fai. So che non pensi di essere abbastanza intelligente, ma accidenti, Billy…” Si appoggiò allo schienale e incrociò le braccia. “Credo ci sia una dinamo là sotto da qualche parte. Una tigre che aspetta di balzare fuori. Ma non la vedo mai. Tu non mi vuoi davvero. Sono solo comoda. E sinceramente, mi merito di meglio. E anche tu.” Si alzò dalla sedia e guardò fuori dalla finestra. “Mi mancherai, Billy. Ma non voglio alzare lo sguardo su di te fra due anni e ritrovarmi nella stessa condizione o, peggio, ritrovarmi sposata perché…” Tracciò delle virgolette con le dita. “… tutti mi vogliono bene, e arrivare ad avere un figlio e un marito che soddisfa le aspettative di tutti, ma non è veramente felice.”
“Wow. Avresti dovuto scrivere Hunger Games.”
“Non m’importa. Hai chiesto e io ti ho dato la mia spiegazione. Di’ alla tua famiglia che mi dispiace molto di non poter partecipare al matrimonio di Rhonda.”
“Puoi ancora venire.” Deglutì con forza. “Rhonda sarà così delusa”
Lei scosse la testa, gli occhi lucidi. “Farebbe troppo male. Tengo davvero molto a te, Billy, ed è stato difficile non farmi illusioni.” Fece un passo verso la porta. “Ci vediamo.”
Porca miseria. Non riusciva a respirare. Dopo un attimo se n’era andata. Non aveva voglia di dire come le altre. Annie non era solo una delle tante.
Si appoggiò all’indietro e poi sollevò lo sguardo. Il bellissimo ragazzo dai capelli rossi stava parlando con uno dei baristi. Rideva. Billy non si sentiva in vena di risate.
Quella mattina era stato convinto di avere ben chiara l’immagine della sua vita. Cene piacevoli in famiglia. Un po’ di balli al matrimonio. Ma si era forse preso in giro?
E se mi prendessi sempre in giro?
Come ti senti? Chiuse gli occhi come se stesse per appisolarsi. Le farfalle nel suo stomaco erano in guerra con le punte di metallo nel suo petto. Ferito. Si sentiva ferito. E confuso. E… sollevato. Si sentiva sollevato.
Non poteva essere, vero? Certo, si era sentito sollevato quando lui e Nancy si erano lasciati, ma lei era una stronza, e con Trisha non era davvero una cosa seria. Ma Annie. La amava. No?
Spalancò gli occhi e guardò il suo orologio: le 17 e 30. Oh cazzo, doveva andare a casa dei suoi. Doveva affrontare la famiglia senza Annie, poi superare quel dannato matrimonio senza una donna al braccio. Sua madre sarebbe impazzita. Si lasciò cadere la testa tra le mani e si passò le dita fra i capelli. Anche i suoi capelli lo avrebbero messo nei guai. Troppo lunghi. A sua madre piaceva che avesse un aspetto curato, ma gli avrebbe perdonato qualunque cosa se avesse pensato che si stava dirigendo verso il cazzo di altare. Adesso si sarebbe lamentata dei suoi vestiti e di tutto il resto. Niente più signora Gentile. Sarebbe stato un perdente per la terza volta ai suoi occhi. Un uomo che non sapeva tenersi una donna. Un uomo che non poteva darle dei nipoti.
Si alzò e si diresse verso la porta. Verso il plotone d’esecuzione.
Si bloccò un secondo, e la sua testa sembrò girarsi di propria volontà. Dall’altra parte del locale, lo splendido sconosciuto stava guardando direttamente verso di lui. Le sue labbra si curvarono verso l’alto e mostrò un po’ di denti.
Billy guardò di qua e di là. Chi? Guardò di nuovo. L’uomo stava fissando lui. Il brivido partì dalla base della schiena e si propagò fino a fargli venire la pelle d’oca. Strano. Proprio strano. Spinse la porta e obbligò i suoi piedi a uscire dal negozio. Perché gli sembrava che il tipo stesse ridendo di lui?
Perché te lo meriti, perdente.
Dopotutto, disse tra sé come Scarlett O’Hara, domani è un altro giorno. Senza pensare più a nulla corse al suo pick-up.
Venti minuti dopo parcheggiò cinque porte oltre la casa dei suoi genitori a Santa Ana. Lungo la strada erano posteggiate delle auto e lui conosceva il proprietario di ognuna. Tutto il clan si era riunito per Rhonda. Era riuscita a coinvolgere tutti. Dopo la cena in famiglia di quella sera, Billy avrebbe dovuto partecipare alla festa di addio al celibato, alla cena di prova, al matrimonio, al ricevimento, e al pranzo di nozze. Da solo. Cristo! Poteva anche essere alto quasi due metri e pesare quasi cento chili, ma sua madre sarebbe riuscita comunque a farlo fuori.
Facciamola finita.
Percorse il marciapiede e risalì per il lungo vialetto che conduceva alla casa in stile ranch anni cinquanta dei suoi genitori. Gli era sempre piaciuta quella vecchia casa, e aveva lavorato duramente per mantenerla in buone condizioni. Faceva tutte le manutenzioni e le riparazioni. Si occupava anche del giardino in modo che non dovessero preoccuparsi di nulla se non delle spese per qualche sporadico taglio del prato. Dopo il suo attacco cardiaco, suo papà non aveva più potuto svolgere lavori pesanti. Strano. La gente diceva sempre il suo attacco cardiaco, come se fosse il proprietario di quella cazzo di cosa.
Non serviva bussare; si limitò ad abbassare la maniglia ed entrare nel piccolo ingresso. Suo papà, appoggiato al bastone, e suo cognato Austin occupavano entrambi i lati della stanza. Billy si incamminò verso di loro. Risate e voci fluttuavano dalla cucina e dalla sala da pranzo. Come al solito, quasi nessuno si era fermato in soggiorno.
Austin gli tese una mano. “Ehi, felice di vederti.”
“Mi dispiace di aver fatto tardi.”
Suo padre gli diede una pacca sulla spalla. Uomo di poche parole. “Dov’è Annie?” Perché doveva pronunciare proprio quelle? Merda. Suo papà adorava Annie. Inizia il divertimento.
“Ci siamo lasciati. Ho fatto tardi per quello.” Billy si guardò le vecchie scarpe da ginnastica bucate.
Silenzio.
Sollevò lo sguardo verso il padre. Lo stava fissando come se avesse appena dichiarato di essere diventato un serial killer per hobby. “Che c’è? Non è stata un’idea mia. Mi ha lasciato lei.”
Suo padre lo guardò torvo. Col suo metro e ottanta non era alto quanto Billy, ma sembrava comunque imponente. “Cos’hai fatto per farla arrabbiare?”
“Niente!” sospirò. “Tutto, immagino. Ha detto che non pensava che io l’amassi.”
“La stavi tradendo?”
“Diamine, no. Ha detto che dovrei guardare di più le altre ragazze.”
Suo padre lo fissò in modo strano.
Austin gli diede un pugno sul braccio. “Ehi, amico, mi dispiace. Era una brava ragazza.”
“Già. Grazie.”
Suo padre scosse la testa. “Le passerà. Le donne si fissano su delle idee romantiche. Mandale dei fiori e scrivile una poesia o qualche cazzata del genere.”
Lo stomaco di Billy si contrasse. “Non penso proprio. Sembrava piuttosto convinta.”
“Cavoli. Be’, immagino che tu debba dirlo a tua madre.”
Lui arricciò il naso. “Lo so. Dirlo a te è stata un’esercitazione.”
Austin rise.
Suo padre annuì. “Buona fortuna.”
Billy lasciò cadere la giacca a vento sopra una pila di borse e golfini sulla sedia in corridoio. Fai un respiro profondo, bello. Entrò nella sala da pranzo. Rhonda e il suo fidanzato, Mitch, erano in piedi dietro al grande tavolo da pranzo e stavano parlando con suo zio Fred e una ragazza dalla bellezza mozzafiato che Billy non aveva mai visto prima. Bionda, magra, con un davanzale grande quanto lo Utah. Vestiti che sembravano anche molto eleganti.
Un magnifico profumo si diffondeva dalla cucina. Già, lì avrebbe trovato sua sorella Teresa, sua zia e, che Dio lo aiutasse, sua madre. Era meglio fermarsi in quella stanza. Fece il giro del tavolo per raggiungere Rhonda. “Ehi, piccioncini. Come va?”
Lei alzò lo sguardo e sorrise. La ragazza sconosciuta era adorabile ma non per questo sminuiva la sorella. Rhonda era una bellezza con un cervello. Più giovane di lui, alta, con i capelli scuri come Billy, con un corpo che lasciava gli uomini senza fiato, si era laureata alla UCI grazie a una borsa di studio e a molti sostegni finanziari da parte di Billy, e adesso insegnava storia in un college privato. “Ciao, fratellino.”
Fred gli diede una pacca sulla schiena e Mitch tese la sua mano perfettamente curata. “Come stai?” Mitch era attraente. Quasi quanto il ragazzo del bar.
Billy gli strinse la mano. “Bene.”
Rhonda si accigliò. “Che c’è che non va?”
Accidenti. Avrebbe evitato di affrontare quella situazione se fosse scappato dalla porta? Billy distolse lo sguardo da Rhonda e si rivolse alla bionda. “Ciao, sono Billy Ballew, il fratello di Rhonda.”
“Sì, ciao. Mi ha parlato molto di te. Certo che sei alto.” Ridacchiò. “E carino.”
Cosa si poteva rispondere a una cosa del genere? “Grazie. Non ho sentito come ti chiami.”
“Oh, scusa. Mi chiamo Sissy. Sissy Auchincloss.”
Mitch annuì. “Mia cugina.”
Il che spiegava i vestiti dall’aspetto costoso. Probabilmente aveva tanti soldi quanto Mitch. “Felice di conoscerti.”
Sua sorella lo stava fissando. “Dov’è Annie?”
Lui scosse la testa.
“Che è successo?”
“Ci siamo lasciati.”
Fred fece un suono tipo uuuh.
Le sopracciglia di Rhonda si incontrarono sopra il suo naso sottile. “Quando?”
“Poco fa.”
“Oh, accidenti, non dirlo a mamma.”
Mitch rise. “Già, penso che volesse un doppio matrimonio.” Rhonda gli lanciò un’occhiataccia, e lui si fece sparire il sorriso dal volto. “Mi dispiace. Era una brava ragazza.”
Sissy mise una mano calda sul braccio di Billy. “Mi dispiace molto. Le separazioni sono orribili. Veramente orribili.”
Un piccolo brivido gli percorse la pelle, e lui annuì tirando indietro il braccio.
“Billy Ballew.” Il richiamo della catastrofe. La voce di sua mamma risuonò dalla cucina.
Lui sussultò e Mitch rise. Billy rispose: “Ciao, mamma.”
La sua testa grigia fece capolino. “Non vieni a dare un bacio a tua madre?”
“Sto arrivando.”
Fred sussurrò: “Buona fortuna.”
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